Seguendo gli Iban, i leggendari tagliatori di teste

Chissà se Emilio Salgari si sia ispirato proprio a loro quando scriveva i suoi romanzi sui pirati della Malesia guidati dal mitico Sandokan. Perché ai primi del ‘900 la grande tribù degli Iban era conosciuta in tutto il mondo per la sua ferocia nella lotta contro gli occupanti inglesi.

Gli Iban, sono uno dei gruppi etnici del più grande gruppo dei Dayak, vivono in Borneo e a Sumatra con una popolazione che supera il milione di individui. Sono famosi per l’appellativo di “tagliatori di teste”. L’usanza di decapitare i nemici uccisi in battaglia deriva dalla loro fede animista. Fino al dopoguerra ogni guerriero di un villaggio Iban appendeva davanti alla capanna le teste rinsecchite dei nemici come segno di forza. Ma i trofei andavano rispettati, quasi coccolati, posti in posizioni favorevoli agli spiriti che avevano abitato quei corpi e che vivevano ancora nei capi mozzati. Insomma, un misto di vanto e di rispetto per l’anima dell’uomo battuto. Ne fecero le spese anche gli inglesi e poi i giapponesi e tante tribù vicine. Oggi, naturalmente, gli Iban vivono in pace e non ostentano più i trofei anatomici di guerra, anche se qualche cranio bottino del nonno ancora fa capolino qua e là appeso in speciali reti vegetali.

Gli Iban accolgono i visitatori nei loro villaggi pittoreschi composti da una cinquantina di Rumah Panjai, la “case lunghe” dove vivono i nuclei familiari tutti insieme in completa condivisione di ogni bene e ogni parte della vita. Qui, tra fiumi, mangrovie, foreste pluviali trascorrono un’esistenza in grande simbiosi con la natura.

Visitare uno di questi villaggi è un’emozione unica. A dispetto della loro fama gli Iban sono molto accoglienti. Famose le loro feste, la Gawai, per ringraziare le forze della natura per il raccolto del riso e la salute degli animali domestici. Un classico è l’offerta all’ospite del Tuak, la bevanda, alcolica e lattiginosa, prodotta dal riso lungo che qui è l’alimento principale, come in tutto il sud esta asiatico. Riso che viene accompagnato con una vastissima varietà di carni, di maiale o piccola selvaggina cacciata ancora con le caratteristiche cerbottane a dardi avvelenati. Ma consumano anche molte verdure. Tutto per pranzi che vi sembreranno immersi in atmosfere da romanzo d’avventura, come se la Tigre di Mompracem dovesse spuntare dai cespugli da un momento all’altro.

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